La reazione al fuoco dei materiali e prodotti da costruzione
Prevenzione incendi e requisiti acustici passivi
5 giugno 2024,
A cura di P.I. G. Tinti, Ing. G. Basile M. Antonelli
Pro Fire – Formazione Professionale Antincendio

In Prevenzione Incendi quando si parla di “Materiali” a volte Progettazione, Committenza e Tecnici hanno la percezione di una minor importanza magari rispetto alla resistenza delle strutture su cui si concentra la massima attenzione.
Questo il primo grande errore nella valutazione dei rischio per le attività soggette a procedure di prevenzione incendi.
Il grado di partecipazione di un materiale al fuoco molto spesso disatteso determina le tempistiche, la modalità di propagazione la crescita e sviluppo di un incendio.
Troppi sono i casi che si susseguono (molto spesso anche gli edifici di grande altezza e beni tutelati ) in cui l’incendio potenzialmente controllabile diventa ingestibile, la causa è principalmente dovuta dalla classe di reazione al fuoco che determina la crescita e la curva naturale dell’incendio.
Come reagisce un determinato materiale al fuoco?
Come coniugare i requisiti in termini di prestazioni acustiche interne e quelli di prevenzione incendi?
Come posso valutare la reazione al fuoco di un tendaggio fonoassorbente? E quella di un pannello a parete?
Questa sono domande che molti professionisti antincendio si pongono per poter eseguire una corretta valutazione del rischio e per poter effettuare una scelta corretta dei materiali di rivestimento di un’attività soggetta al controllo di prevenzione incendi.
Un poco di teoria ….
La reazione al fuoco è definita come il grado di partecipazione di un materiale combustibile al fuoco al quale è sottoposto; è una caratteristica dal materiale stesso e viene convenzionalmente espressa in CLASSI DI REAZIONE AL FUOCO.
La scelta di materiali e l’utilizzo di materiali con un’adeguata classe di reazione al fuoco è uno strumento di protezione passiva ed ha lo scopo di:
- ridurre la velocità di propagazione dell’incendio affinché il fronte di fiamma non investa altri materiali combustibili
- aumentare conseguentemente i tempi di evacuazione prima del flash-over.
Il flash over o “incendio generalizzato” definisce quella fase dello sviluppo di un incendio al chiuso nella quale tutte le superfici esposte raggiungono la temperatura di accensione più o meno contemporaneamente e il fuoco si propaga rapidamente a tutto il compartimento.
In Italia la reazione al fuoco dei materiali è normata dal D.M. 26/06/1984 e dal D.M. 10/03/2005.
Il sistema di classificazione italiano – il D.M. 26 giugno 1984
Il D.M. del 1984 prevede una suddivisione dei materiali in 6 classi di reazione al fuoco, identificate con i numeri da 0 (materiale incombustibile) a 5 (materiale altamente infiammabile), mentre per i prodotti imbottiti le classi sono 3, identificate con i codici da IM1 a IM3.

Con il DM 26.06.1984 è stata istituita una procedura di Certificazione (ad opera di laboratori autorizzati dal Ministero dell’Interno) e di Omologazione (ad opera del Ministero dell’Interno) che ha validità 5 anni ed è rinnovabile su istanza del produttore, il quale nella richiesta di rinnovo dovrà dichiarare che il prodotto di cui è stato certificato un prototipo non ha subito variazioni.
L’art. 2.7 del DM del 1984 stabilisce inoltre che il Produttore è tenuto a rilasciare la Dichiarazione di conformità del prodotto fornito (con esplicito riferimento al documento di trasporto riferito alla consegna di quel materiale) rispetto al prototipo certificato ed omologato. Stesso tipo di dichiarazione è a carico di eventuali rivenditori del materiale, nella stessa forma.
Il suddetto decreto codifica in maniera univoca i metodi di prova, la preparazione dei campioni e la procedura dell’Omologazione, cioè l’autorizzazione alla commercializzazione dei prodotti da installarsi nelle attività soggette alle norme di Prevenzione Incendi.
Il sistema di classificazione europeo – i D.M. 10 e 15 marzo 2005
Una vera rivoluzione è stata introdotta successivamente con l’emanazione del D.M. 10/03/2005, che, al fine di implementare i dettami della Direttiva Prodotti da Costruzione (ai fini della marcatura CE), ha introdotto una nuova classificazione di reazione al fuoco (Euroclassi), modificando nell’ambito della Reazione al fuoco, tutte le procedure connesse alla commercializzazione dei materiali definiti “prodotti da costruzione”.
La nuova classificazione prevede l’indicazione della classe di combustibilità (da A1 a F), della produzione di fumo (valori da s1 a s3) e di gocce (valori da d0 a d2) e della produzione di acidi nel caso dei cavi elettrici. Viene aggiunto inoltre un pedice che indica la destinazione di uso finale del prodotto (nessun pedice per tutti i prodotti ad esclusione dei pavimenti “FL” per applicazione a pavimento, “L” per isolanti lineari, “CA” per cavi).

Come il sistema italiano il sistema di classificazione europeo si basa su test di laboratorio: in particolare su quattro tipologie di prove in piccola scala e su un test di riferimento a grande scala, che consentono di ottenere la classificazione del prodotto attraverso la misurazione dei parametri significativi ai fini della partecipazione all'incendio.
In analogia con il D.M. 14/01/85, anche nel decreto del 2005 (allegato C) sono definite le classi di reazione al fuoco minime di alcuni prodotti senza che gli stessi debbano essere sottoposti a prova, prodotti il cui elenco viene periodicamente aggiornato.
Ai fini di adeguare le prescrizioni normative italiane alla nuova classificazione è stato emanato il cosiddetto “decreto ponte” - Decreto 15 marzo 2005 “Requisiti di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione installati in attività disciplinate da specifiche disposizioni tecniche di prevenzione incendi in base al sistema di classificazione europeo”. Tale decreto fornisce le tabelle di equivalenza tra la vecchia e la nuova normativa oltre a fornire prescrizioni più dettagliate.
D.M. 14.10.2022: Modifiche ai decreti 26 giugno 1984, 10 marzo 2005 e 3 agosto 2015
Le novità introdotte dal DM 14.10.2022 in modifica al DM 26.06.1984, al DM 10.03.2005 e al DM 3.08.2015 hanno voluto imporre non solo un linguaggio europeo comune ma anche sottolineare l’importanza della scelta dei materiali omologati o certificati. Tale caratteristica dei materiali spesso si rileva fondamentale in caso di incendio.
Una prima novità introdotta riguarda la modifica all’articolo 4 del DM 10.03.2005 specificando che “per i prodotti da costruzione omologati in classe italiana non è consentita l’installazione sull’involucro esterno delle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi”: questo implica non solo una determinata scelta di fornitura di materiali per una nuova attività ma anche una particolare attenzione in relazione alla RTV V13 (DM 29.03.2022) relativa alle chiusure d’ambito degli edifici civili con marchiatura e/o certificazione CE.
Una seconda novità consiste nella modifica dell’art. 10 del DM 26 giugno 84 con conseguente esclusione dalla procedura di omologazione e classificazione delle caratteristiche di reazione al fuoco secondo EN 13501-1 dei prodotti da costruzione per cui non si applica la procedura ai fini della marcatura CE. Non essendo possibile redigere una DOP per tali prodotti, il fabbricante dovrà redigere, per ogni prodotto, la dichiarazione di conformità indicando il codice di riferimento al correlato certificato di classificazione al posto del previsto codice di omologazione.
Pertanto, il campo di applicazione del sistema di classificazione italiano viene notevolmente ridotto e, per effetto del D.M. 14 ottobre 2022, è limitato alle seguenti categorie di prodotti:
A) Elementi strutturali:
A.7 - Strutture pressostatiche e tendoni;
C) Installazioni tecniche:
C.1 - Tubazioni di scarico;
C.3 - Canalizzazioni per vani;
D) Materiali di arredamento:
D.1 - Sipari, drappeggi, tendaggi;
D.2 - Mobili imbottiti, materassi;
D.3 - Mobili fissati agli elementi strutturali;
E) Materiale scenico.

(Fonte eurolab.com)
I documenti attestanti la classe di reazione al fuoco di un materiale
Stante le modifiche introdotte dal D.M. 14 ottobre 2022, per i prodotti da costruzione muniti di marcatura CE la classe di reazione al fuoco è riportata nella dichiarazione di prestazione (DOP) di cui all’art. 4 del Capo II del regolamento (UE) n. 305/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2011, che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione;
Per i prodotti da costruzione per i quali non è possibile applicare la procedura ai fini della marcatura CE, l’impiego nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi è subordinato al rilascio delle certificazioni emesse in ottemperanza dell’art. 10, comma 1, lettera a), del decreto del Ministro dell’interno del 26 giugno 1984. Ai medesimi fini, ricorre l’obbligo a carico del produttore di rilasciare apposita dichiarazione di conformità del prodotto al prototipo certificato. Il certificato di cui all’art. 10, comma 1, lettera a) del decreto del Ministro dell’interno del 26 giugno 1984, è rilasciato secondo la classificazione e i metodi di prova di cui alla norma tecnica europea EN 13501-1.
Per i prodotti rientranti nel campo di applicazione del DM 26 giugno 1984 la classe di reazione al fuoco è riportata nell’omologazione ministeriale, che ha una validità di cinque anni ed è rinnovabile alla scadenza qualora il prodotto non abbia subito modifiche. L'omologazione si riferisce al prodotto nella sua interezza e non a parti di esso.

Prevenzione incendi e requisiti acustici passivi: la reazione al fuoco dei materiali fonoassorbenti
Per quanto riguarda la progettazione delle attività soggette al controllo prevenzione incendi (Allegato I del DPR 151/11), sia i vecchi decreti con approccio prescrittivo che il codice di prevenzione incendi D.M. 3 agosto 2015 impongono prescrizioni circa la reazione al fuoco dai materiali da utilizzare nelle vie di esodo e nei vari compartimenti antincendio delle attività.
Dall’altra parte il decreto del 23 giugno 2022: “Criteri ambientali minimi per l'affidamento del servizio di progettazione di interventi edilizi, per l'affidamento dei lavori per interventi edilizi e per l'affidamento congiunto di progettazione e lavori per interventi edilizi” ha introdotto, per le gare di appalto degli edifici pubblici, importanti novità sul tema del comfort acustico. In particolare:
- gli ambienti interni, ad esclusione delle scuole, devono rispettare i valori di tempo di riverberazione TR, chiarezza C50 e intelleggibilità STI indicati nell’appendice C (Caratteristiche acustiche interne degli ambienti) della UNI 11367
- le scuole devono soddisfare i valori di comfort acustico interno (TR, C50 e STI) indicati nella UNI 11532-2 (Caratteristiche acustiche interne di ambienti confinati – Settore scolastico).
Il soddisfacimento di questi requisiti impone l’utilizzo di controsoffitti, rivestimenti e arredi con elevate caratteristiche fonoassorbenti che, contemporaneamente devono sottostare ai requisititi in termini di reazione al fuoco previsti dalle regole tecniche di prevenzione incendi. Si pensi ai pannelli che si trovano all’interno delle vie di esodo, dove, in caso di incendio, è fondamentale che i percorsi disposti per l’abbandono in sicurezza delle persone non contengano prodotti che amplifichino la propagazione dell’incendio e siano liberi da fumi e fiamme.
Alla luce di tutto questo fra i doveri del professionista antincendio c’è quello di verificare che il prodotto scelto dal progettista acustico possieda una classe di reazione al fuoco (classe italiana o classe europea per quanto appena visto) appartenente al gruppo (GM) indicato nella RTO o nella Regola Tecnica Verticale corrispondente.

Nella scelta dei pannelli o rivestimenti fonoassorbenti è necessario tenere conto del fatto che la classe di reazione al fuoco, non viene attribuita direttamente al prodotto in quanto tale, ma è funzione del suo impiego (pavimentazione, rivestimento parete, ecc.) e dell'effettiva posa in opera cioè delle condizioni che le ultime norme europee definiscono “end use'. Ciò comporta che lo stesso prodotto possa avere diverse classi di reazione al Fuoco se impiegato in maniera differente. In pratica la classe di reazione del prodotto è funzione del suo utilizzo. Per esempio, un prodotto impiegato come pavimentazione potrebbe avere una classe diversa se impiegato a soffitto, ovvero un prodotto appoggiato non ha la stessa classe qualora installato con un collante.
La classificazione di reazione al fuoco è inoltre strettamente legata alla modalità di posa in opera dei pannelli/rivestimenti; in cantiere sarà necessario rispettare le medesime condizioni di installazione del laboratorio (pannello in aderenza, sospeso, baffles, tipologia di adesivo utilizzato per l’incollaggio, tipologia di supporto, ecc). Una qualsiasi modifica fa decadere la corrispondenza con quanto sottoposto a prova, sia che si tratti di posa in opera “incollata” invece che “appoggiata” sia che si tratti di un diverso collante rispetto a quello utilizzato per la prova e previsto per la posa in opera.
Non è possibile estendere i risultati dei test di laboratorio per la reazione al fuoco con modelli di calcolo o tabelle, una diversa modalità di installazione deve essere nuovamente testata in laboratorio. Questo impone la conoscenza, da parte de posatore, delle corrette modalità di installazione del pannello/rivestimento, che verranno certificate mediante il controllo puntuale in cantiere e la “dichiarazione di corretta posa in opera”.
Un prodotto imbottito deve essere rigorosamente riprodotto con gli stessi componenti posizionati nel medesimo ordine del test di laboratorio; qualora esso sia commercializzato in maniera differente, l'autorizzazione alla commercializzazione (in termini di reazione al fuoco) decade automaticamente. Non è possibile, dalla reazione al fuoco dei singoli strati costituenti un prodotto imbottito, risalire alla reazione al fuoco del prodotto complessivo in quanto le reazioni chimico-fisiche che avvengono durante la combustione sono spesso molto diverse quando si accoppiano due o più materiali.

Prove e test per la certificazione al fuoco
Fondamentale risultano i test sperimentali sul prodotto che permettono l’attività di certificazione, tramite attrezzature specifiche presenti in laboratorio, quali (citandone alcune):
- Apparecchiatura SBI (UNI EN 13823) per prove su prodotti da costruzione,
- Fornetto ISO (UNI EN ISO 1182) per prove di non combustibilità su prodotti da costruzione,
- Pannello radiante pavimenti (UNI EN ISO 9239-1) per prove su prodotti da costruzione impiegati a pavimento,
- Piccola fiamma europea (UNI EN ISO 11925-2) per prove di infiammabilità su prodotti da costruzione,
- Bomba di Mahler per determinazione del potere calorifico (UNI EN ISO 1716),
- Pannello radiante italiano (UNI 9174) per prove in presenza di calore radiante,
- Piccola fiamma italiana (UNI 8456/8457) per prove di piccola fiamma,
- Camera di prova per prove su mobili imbottiti,
- Camera di combustione per la determinazione della densità ottica dei fumi,
- Forno tubolare per analisi di tossicità dei gas - Analizzatore Spettrofotometro FT-IR.
I prodotti devono quindi rispettare le vigenti normative e devono garantire risultati conformi di reazione al fuoco, resistenza e durabilità del materiale, di seguito alcune delle attività di ricerca e analisi:
- Reazione al fuoco su materiali da arredamento e da costruzione ai sensi del DM 26/06/1984 (Autorizzazione Ministero Interno del 21/03/1986)
- Reazione al fuoco su prodotti da costruzione ai sensi del Regolamento (UE) 305/2011
- Comportamento al fuoco dei tetti ai sensi della UNI CEN/TS 1187 e UNI EN 13501-5
- Reazione al fuoco su manufatti e sistemi ai sensi della Marine Equipment Direttive (MED) secondo le procedure previste dalle Risoluzioni IMO (FTP Code)
- Reazione al fuoco su materiali da arredamento e da costruzione ai sensi delle norme AFNOR, BS, DIN, EN, ISO, UNI, UL, etc.
- Determinazione della densità ottica dei fumi ed analisi della tossicità gas ai sensi delle norme AFNOR, BS, ISO, ATS, etc.
- Durabilità e prove di resistenza al fuoco secondo ETAG 028 e CEN TS 15912
Si riportano alcune prove su diversi materiali usati in edilizia.
1. Prove sui prodotti da costruzione
I prodotti da costruzione installati presso attività soggette (per le attività non soggette vi è un capitolo a parte in quanto alcune devono comunque prevedere un minimo di reazione al fuoco dei materiali), devono essere classificati al fuoco.
In Italia, qualora il prodotto sia coperto da norma armonizzata al Regolamento n. 305/2011 (CPR) i test di reazione al fuoco vengono svolti seguendo le indicazioni di cui alle norme EN 13501-1 e EN 13501-5 per i tetti esposti a un fuoco esterno. In alternativa, i prodotti vengono classificati seguendo le indicazioni del Decreto Ministeriale 26/06/84 con le modalità di cui all’art. 8 o art. 10.
Per le Euroclassi, la norma EN 13501-1 prevede i seguenti metodi di prova al fine di ottenere una specifica classe:

Per le prove di esposizione dei Tetti a un fuoco esterno, la norma EN 13501-5 prevede una serie di 4 metodi di cui alla CEN/TS 1187.
La classificazione Italiana è invece basata sul Decreto Ministeriale 26/06/84 e s.m.i. che cita la norma ISO 1182 per la classe 0 e la norma UNI 9177 per le classi da 1 a 5, classi ottenibili combinando i risultati (CATEGORIE) dei seguenti metodi di prova UNI 9174 e UNI 8456 o UNI 8457, vedi seguente tabella:
2. Prove su imbottiti e materiali da arredamento
(art.8 omologazione, art. 10 certificazione e rapporti di prova)
I mobili imbotti e i prodotti d’arredamento, come per esempio le sedute rigide, i tessuti e i tendaggi installati in attività soggette a prevenzione incendi devono essere testati per le caratteristiche di reazione al fuoco.
La classificazione Italiana è basata sul Decreto Ministeriale 26/06/84 e s.m.i.
Per la classificazione Italiane dei mobili imbottiti, divani, materassi, sommier con o senza testata letto, si esegue sempre lo stesso test UNI 9175, costruendo un divanetto di prova con i materiali di imbottitura, eventuale interposto e rivestimento. Tali prove portano all’ottenimento della classe di reazione al fuoco che va da 1 IM a 3 IM.
Ogni composito del mobile imbottito deve essere testato se presente nei primi 75 mm, ma le regole di composizione del manufatto di prova sono molto complicate ed è sempre meglio contattare il laboratorio per definire la strategia di prova. Si eseguono anche i test per la classificazione europea dei tendaggi EN 13773, applicando i metodi EN 1101, EN 1102 e EN 13772.
3. Prove per il solare fotovoltaico
Il sistema fotovoltaico risulta sempre più incidente negli edifici di ultima costruzione e largamente utilizzato anche nel campo delle ristrutturazioni, risulta di fondamentale importante la verifica e il collaudo dei suoi impianti. La corsa alle energie rinnovabili ha portato in questi anni ad un incremento vertiginoso delle istallazioni di impianti fotovoltaici, posizionando l’Italia al secondo posto in Europa per istallazioni ma con prodotti spesso di dubbia provenienza. Tra le prove di laboratorio utilizzate in Italia si fa riferimento alla classificazione italiana ai fini della prevenzione incendi, secondo DM 26/06/1984 e Risoluzione n° 4.
Riferimenti Bibliografici/ Sito-grafici:
- Reazione e resistenza al fuoco - La Mendola Saverio, Mazziotti Lamberto, Paduano Giuseppe – EPC Editore Edizione: novembre 2010
- Reazione al fuoco - Il capitolo S.1 del Codice è dedicato alla Reazione al fuoco. - Edizioni: Inail – 2021
- Slides corso aggiornamento LA NUOVA CLASSIFICAZIONE EUROPEA DEI MATERIALI - REAZIONE E RESISTENZA AL FUOCO D.M. 14/10/2022 – Profire 2024
- Codice di prevenzione incendi, DM 3 agosto 2015.
- Istituto Giordano, Focus prove – certificazioni: https://www.giordano.it/focus-prove.php

FSE – FIRE SAFETY ENGINEERING
20 Marzo 2024,
A cura di Ing. A. La Malfa, Ing. G. Basile, M. Antonelli
Pro Fire – Formazione Professionale Antincendio
La Fire Safety Engineering è definita come:
“Applicazione di principi ingegneristici, di regole e di giudizi esperti basati sulla valutazione scientifica del fenomeno della combustione, degli effetti dell'incendio e del comportamento umano, finalizzati alla tutela della vita umana, alla protezione dei beni e dell'ambiente, alla quantificazione dei rischi di incendio e dei relativi effetti ed alla valutazione analitica delle misure antincendio ottimali, necessarie a limitare entro livelli prestabiliti le conseguenze dell'incendio.”
[ISO/TR 13387]
Riferimenti normativi e definizioni
- ISO 23932:2009, FSE – General principles.
- ISO/TR 13387-1:1999 FSE – Part 1: Application of fire performance concepts to design objectives.
- BS 7974:2001 Application of FSE principles to the design of buildings – Code of practice.
- BS PD 7974-0:2002 Application of FSE principles to the design of buildings – Part 0: Guide to design framework and FSE procedures.
- SFPE Engineering Guide to Performance-Based Fire Protection, 2nd ed.,2007.
- Lett. circ. prot. n. 4921 del 17/7/2007: Direttive per l’attuazione dell’approccio ingegneristico
- Primi indirizzi applicativi.
- Lett. Circ. prot. n. DCPST/427 del 31/3/2008: Approccio ingegneristico - Trasmissione linee guida per l’approvazione dei progetti e della scheda rilevamento dati.
- DM 9 maggio 2007, Direttive per l'attuazione dell'approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio. (GU Serie Generale n.117 del 22-05-2007).
- Sezione M (M1, M2, M3) del Codice di Prevenzione Incendi DM 3 Agosto 2015.
Nello specifico:
DM 9 Maggio 2007 e Codice di Prevenzione Incendi
In Italia la metodologia prestazionale è stata intro-dotta con il D.M. 9 maggio 2007 “Direttive per l’attuazione dell’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio”, in vigore dal 20/8/2007.
Il Decreto è formato da N°8 articoli che stabiliscono le procedure per l’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio:
art. 1: Oggetto; art. 2: Campo di applicazione; art. 3: Domanda di parere di conformità̀ sul progetto; art. 4: Domanda di deroga; art. 5: Dichiarazione di inizio attività̀ ; art. 6: Sistema di gestione della sicurezza antincendio; art. 7: Osservatorio per l’approccio ingegneristico; art. 8: Disposizioni finali.
E un allegato tecnico suddiviso in 5 punti che indicano il processo di valutazione e progettazione nell’ambito dell’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio. Si applica a insediamenti di tipo complesso o a tecnologia avanzata e in edifici di particolare rilevanza architettonica e/o costruttiva.
- Edifici pregevoli per arte o storia.
- Edifici ubicati in ambiti urbanistici di particolare specificità̀ .
Successivamente è stato chiarito che tale indicazione non deve essere intesa in senso limitativo, ma vuole indirizzare l’uso dello strumento prestazionale, più sofisticato e raffinato e quindi più complesso e costoso, per la progettazione di attività per le quali può essere maggiormente valorizzato. Viene introdotto l’obbligo aggiuntivo di elaborare il programma per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza antincendio (SGSA).
Successivamente è stata inserita nella Sezione M del “Codice di prevenzione incendi” di cui al
D.M. 3 agosto 2015, in vigore dal 18/11/2015:
- M1_Metodologia
- M2_Scenari di incendio
- M3_Salvaguardia della vita
A cosa serve la soluzione alternativa?
L’approccio alternativo consente una valutazione quantitativa del livello di sicurezza antincendio rispetto a prestabilite soglie prestazionali e prende come riferimento, ipotizzati scenari d’incendio ritenuti ragionevolmente credibili. L’effetto di ogni misura alternativa può̀ essere quantificato e valutato attraverso l’uso di modelli rispetto a valori minimi delle prestazioni richieste. Si ha quindi un maggiore controllo del rapporto rischi/misure di sicurezza.
Col metodo FSE si possono risolvere due tipologie di problemi:
- SALVAGUARDIA DELLA VITA: Problema pre-flashover, dipende essenzialmente dal movimento di fumi e calore nell'edificio ed è legato in prima approssimazione all'HRR ed alla qualità del focolare.
- STABILITÀ STRUTTURALE: Problema post-flashover, dipende essenzialmente dal cimento termico della struttura ossia, dall'energia prodotta dall'incendio (carico d'incendio) e dalle condizioni di ventilazione.
Con la FSE e l’applicazione dell’approccio prestazionale, sarà possibile valutare:
- Il fenomeno dello sviluppo delle fiamme;
- la propagazione e la dispersione dei fumi;
- Il corretto funzionamento dei sistemi di rilevazione, allarme ed estinzione presenti nella struttura;
- Elementi strutturali e la compartimentazione alle alte temperature.
Modelli matematici
“La FSE è un progetto cucito addosso la struttura”
L’evoluzione dell’incendio nel tempo e nello spazio può essere determinata adoperando un’ampia varietà di modelli di calcolo: modello di campo FDS (simulatore dinamico degli effetti del fuoco, sviluppato e distribuito con la formula del pubblico dominio dal NIST (www.nist.gov). I modelli computazionali più utilizzati sono i modelli a zone e i modelli di campo.
(vedi articolo di 02/2024 su FDS https://www.pro-fire.org/articoli-tecnici/399-simulatore-fds-per-la-fire-safety-engineering-2
Lo studio della FSE
l Codice, al capitolo M.1.2, specifica che l’approccio prestazionale si suddivide in due fasi:
Analisi preliminare: Individuazione delle condizioni più rappresentative di rischio dell’attività e i livelli di prestazione cui riferirsi in relazione agli obiettivi di sicurezza da perseguire. Una fase nella quale vengono esplicitati i passi che portano a fissare le principali condizioni di rischio al quale l’attività è soggetta;
Analisi quantitativa: fase nella quale, mediante l’utilizzo di modelli di calcolo, vengono eseguite analisi quali-quantitative degli effetti dell’incendio mettendoli in relazione con gli obiettivi da perseguire. I risultati ottenuti verranno confrontati con le soglie di prestazione già acquisite permettendo la definizione del progetto sarà sottoposto ad approvazione definitiva.
Le fasi
Analisi Preliminare:
Il professionista antincendio identifica e documenta i principali aspetti del progetto:
- destinazione d'uso dell’attività̀ ;
- caratteristiche degli occupanti in relazione alla tipologia di edificio ed alla destinazione d’uso prevista.
- eventuali vincoli progettuali derivanti da previsioni normative o da esigenze peculiari dell’attività;
- finalità̀ della progettazione antincendio prestazionale;
Successivamente si identificati ed esplicitati gli obiettivi di sicurezza antincendio in conformità alle vigenti disposizioni in materia di prevenzione incendi ed in relazione alle specifiche esigenze dell’attività in esame, ivi compresa la sicurezza delle squadre di soccorso.
In relazione agli obiettivi di sicurezza individuati, il progettista deve indicare quali sono i parametri significativi presi a riferimento per garantire il soddisfacimento degli stessi obiettivi. Gli obiettivi antincendio vengono tradotti in soglie di prestazione rispetto alle quali operare una valutazione quantitativa del livello di sicurezza antincendio. Tali soglie di prestazione devono poter essere utilizzate nella seconda fase della progettazione per discriminare in modo oggettivo le soluzioni progettuali che soddisfano gli obiettivi antincendio da quelle che invece non raggiungono le prestazioni richieste.
Infine, tramite lo sviluppo e l’individuazione degli scenari di incendio che vengono:
- Identificati
- Selezionati
- Quantificati
Il professionista antincendio deve specificare se lo scenario d’incendio ipotizzato sia relativo ad una condizione di pre-flashover oppure ad una condizione di post-flashover, a seconda dell’obiettivo da raggiungere.
Analisi Quantitativa:
l professionista antincendio elabora una o più̀ soluzioni progettuali per l'attività̀ , congruenti con le finalità̀ da sottoporre alla successiva verifica di soddisfacimento degli obiettivi di sicurezza antincendio. In questa fase il professionista antincendio calcola gli effetti che gli scenari d'incendio di progetto determinerebbero nell'attività̀ per ciascuna soluzione progettuale elaborata.
A tal fine il professionista antincendio impiega un modello di calcolo analitico o numerico: l’applicazione del modello fornisce i risultati quantitativi che consentono di descrivere l’evoluzione dell’incendio e dei suoi effetti sulle strutture, sugli occupanti o sull'ambiente, secondo le finalità̀ della progettazione.
Ottenuti i risultati della modellazione, si verifica il rispetto delle soglie di prestazione per le soluzioni progettuali per ciascuno scenario d'incendio di progetto. Le soluzioni progettuali che non rispettano tutte le soglie di prestazione per ogni scenario di incendio di progetto devono essere scartate.
Scenari di incendio
Gli scenari di incendio rappresentano la schematizzazione degli eventi che possono ragionevolmente verificarsi nell'attività̀ in relazione alle caratteristiche di:
- INCENDIO (FOCOLARE)
- ATTIVITA’(EDIFICIO)
- OCCUPANTI
Si identificano tutti i possibili scenari d’incendio che possono svilupparsi durante la vita utile dell’attività̀ , considerando tutte le condizioni di esercizio ragionevolmente prevedibili e si sviluppa successivamente uno specifico albero degli eventi a partire da ogni evento iniziatore pertinente e credibile.
Volendo schematizzare:
- Identificazione configurazioni, allestimenti, layout,
- Sviluppo albero degli eventi qualitativo o quantitativo,
- Caratteristiche dell’incendio, attività e occupanti,
- Scenario pre/post flashover,
- Analisi storica dell’incendio: iniziazione, propagazione, impianti, azioni e occupanti (e squadre di soccorso).
Le soluzioni progettuali, nel rispetto delle soglie di prestazione richieste nell’ambito degli scenari d’incendio di progetto, garantiscono lo stesso grado di sicurezza anche nei confronti di tutti gli altri scenari d’incendio.
(NB. La selezione degli scenari d’incendio non dispone di un quadro normativo nazionale a cui fare riferimento. La NFPA 101 elenca scenari a cui si può fare riferimento).
Una volta definiti gli obiettivi della progettazione, si definisce la durata minima degli scenari: dall’evento iniziatore fino al momento in cui tutti gli occupanti dell’attività raggiungono o permangono in un luogo sicuro, oppure, dall’evento iniziatore fino all’arresto dell’analisi strutturale in fase di raffreddamento al momento in cui gli effetti dell’incendio sono ritenuti non significativi.
Valutazione delle soluzioni progettuali
STIMA DELLA CURVA RHR
La curva RHR si pone come uno dei modelli di descrizione disponibili attualmente dell’evoluzione temporale di una caratteristica rappresentativa di un incendio (la potenza) in determinate condizioni.
VALUTAZIONE DEL RISCHIO INCENDIO
(paragrafo G.2.6.1 dell’allegato al D.M. 18/10/2019)
Per ciascun compartimento antincendio in cui si articola l’attività soggetta ai controlli di prevenzione incendi, ai sensi del D.P.R. 151/2011, bisogna eseguire una specifica analisi sulle più severe ma credibili ipotesi d’incendio e procedere alla:
- individuazione dei pericoli d’incendio (sorgenti d’innesco, carico incendio, formazione atmosfere esplosive, ecc.);
- descrizione del contesto e dell’ambiente nei quali i pericoli sono inseriti (condizioni di accessibilità e viabilità, caratteristiche degli edifici, superfici, altezza, isolamento, superficie di ventilazione utile allo smaltimento di fumi e di calore, ecc.);
- determinazione di quantità e tipologia degli occupanti esposti al rischio d’incendio (affollamento, anziani, ecc.);
- individuazione dei beni esposti al rischio d’incendio (prodotto finito, macchinari, ecc.);
- valutazione qualitativa o quantitativa delle conseguenze dell’incendio su occupanti, beni ed ambiente (effetti sull’organismo umano, danni a recettori sensibili, ecc.);
- individuazione delle misure preventive che possano rimuovere o ridurre i pericoli che determinano rischi significativi (divieti, controlli, ecc.).
ATTRIBUZIONE DEI PROFILI DI RISCHIO
(paragrafo G.2.6.2 dell’allegato al D.M. 18/10/2019)
- Rvita, profilo di rischio relativo alla salvaguardia della vita umana;
- Rbeni, profilo di rischio relativo alla salvaguardia dei beni economici;
- Rambiente, profilo di rischio relativo alla tutela dell’ambiente dagli effetti dell’incendio.
PROFILO DI RISCHIO Rvita
PROFILO DI RISCHIO Rvita
STRATEGIA ANTINCENDIO
APPLICAZIONE DI TUTTE LE MISURE ANTINCENDIO
(paragrafo G.2.6.3 dell’allegato al D.M. 18/10/2019)
- Reazione al fuoco;
- Resistenza al fuoco;
- Compartimentazione;
- Esodo;
- Gestione della sicurezza antincendio;
- Controllo dell’incendio;
- Rivelazione ed allarme;
- Controllo di fumi e calore;
- Operatività antincendio;
- Sicurezza degli impianti tecnologici e di servizio.
ATTRIBUZIONE DEI LIVELLI DI PRESTAZIONE PER CIASCUNA MISURA ANTINCENDIO
(paragrafo G.2.6.4 dell’allegato al D.M. 18/10/2019)
Strategia antincendio “Resistenza al fuoco”
Strategia antincendio “Controllo dell’incendio”
INDIVIDUAZIONE DELLA SOLUZIONE PROGETTUALE
(paragrafo G.2.6.5 dell’allegato al D.M. 18/10/2019)
- Le soluzioni progettuali conformi sono solo quelle proposte nei pertinenti paragrafi della sezione Strategia antincendio e delle regole tecniche verticali dell’allegato al D.M. 18/10/2019.
- Il progettista che fa ricorso alle soluzioni progettuali alternative è tenuto a dimostrare il raggiungimento del collegato livello di prestazione, impiegando uno dei metodi di progettazione della sicurezza antincendio indicati nel paragrafo G.2.7.
- soluzioni in deroga.
Nella quasi totalità dei casi, quando il professionista antincendio adotta una soluzione progettuale alternativa, per dimostrare il raggiungimento del livello di prestazione, impiega il metodo dell’ingegneria della sicurezza antincendio.
Sono numerosi i casi in cui, tramite la corretta applicazione del metodo dell’ingegneria della sicurezza antincendio, per il raggiungimento degli obiettivi di sicurezza antincendio stabiliti dalle vigenti diposizioni legislative, si consegue una razionalizzazione delle risorse disponibili con notevole risparmio degli investimenti da dedicare per conseguire una efficace sicurezza antincendio in un’attività soggetta ai controlli di prevenzione incendi ai sensi del decreto Presidente della Repubblica 01/08/2011 n° 151.
Nel seguito si indicano alcuni casi fra i più ricorrenti:
ESEMPIO 1 – STRATEGIA ANTINCENDIO CAPITOLO S.2
DELL’ALLEGATO AL D.M. 18/10/2019 – RESISTENZA AL FUOCO
Deposito isolato di materiali combustibili vari (l’opera da costruzione più vicina facente capo allo stesso responsabile dell’attività si trova a circa 30 m) con strutture in acciaio, avente superficie in pianta di 3500 m2 ed altezza massima al colmo di 10 m, posto ad una distanza minima di 6 m dal confine di proprietà e nel quale, in relazione ai quantitativi presenti ed alle misure di protezione antincendio e gestionali presenti, si realizza un valore del carico d’incendio specifico di progetto pari a 1150 MJ/m2.
ESEMPIO 2 – STRATEGIA ANTINCENDIO CAPITOLO S.3
DELL’ALLEGATO AL D.M. 18/10/2019 – COMPARTIMENTAZIONE
Edificio industriale avente superficie in pianta di 3000 m2 ed altezza massima al colmo di 11 m, che si trova sul lato ovest ad una distanza minima di 5 m da un altro edificio dello stesso complesso industriale afferente ad un unico responsabile dell’attività, dotato di aperture di ventilazione ricavate prevalentemente nella parte alta delle pareti; sul lato est, ad una distanza di 8 m dall’edificio, è presente un deposito esterno di pallet di legno che occupa una superficie in pianta di circa 300 m2. L’edificio è adibito a deposito di materiale cellulosico che, in relazione ai quantitativi presenti ed alle misure di protezione antincendio e gestionali presenti, realizza un valore del carico d’incendio specifico di progetto pari a 1250 MJ/m2.
ESEMPIO 3 – STRATEGIA ANTINCENDIO CAPITOLO S.4
DELL’ALLEGATO AL D.M. 18/10/2019 – ESODO
- Stabilimento industriale per la lavorazione di materie plastiche avente superficie in pianta di 11500 m2 ed altezza massima al colmo di 8 m, nel quale, a causa della particolare disposizione dei macchinari facenti parte del ciclo produttivo, si ha una lunghezza massima di esodo di 80 m.
- Palazzina uffici a tre piani fuori terra (altezza di piano di 3 m e superficie in pianta di circa 400 m2) nella quale sono presenti complessivamente 67 persone e dotata di una sola scala aperta larga 1,20 m.
ESEMPIO 4 – STRATEGIA ANTINCENDIO CAPITOLO S.8
DELL’ALLEGATO AL D.M. 18/10/2019 – CONTROLLO DI FUMI E CALORE
Stabilimento industriale di lavorazione del legno avente superficie in pianta di 5500 m2 ed altezza massima al colmo di 9 m, nel quale, a causa della adiacenza ad un’attività soggetta ai controlli di prevenzione incendi di altro responsabile dell’attività, ha una disuniforme distribuzione delle aperture di smaltimento di fumo e calore d’emergenza che comporta un valore di roffset maggiore di 20 m.
ESEMPIO 5 – STRATEGIA ANTINCENDIO CAPITOLO S.1
DELL’ALLEGATO AL D.M. 18/10/2019 – REAZIONE AL FUOCO
Attività ricettiva a quattro piani fuori terra nella quale sono stati installati dei materiali che non hanno i requisiti minimi di reazione al fuoco richiesti per una soluzione progettuale conforme.
Conclusioni
Problemi di edifici con geometrie complesse, presenza di vincoli storico-architettonici, lay-out industriali critici, quantitativi di materiale combustibile importanti, possono trovare una soluzione “su misura” analizzando lo scenario d’incendio reale, per tarare le misure di sicurezza antincendio più adeguate al livello di rischio presente. Questo approccio risulta come un vestito “cucito” addosso la struttura di riferimento in quanto permette di trattare diversi fenomeni che spaziano tra le fasi dello sviluppo di un incendio che potrà realmente verificarsi all’interno della struttura trattata, ma anche il successivo comportamento della struttura portante durante il processo di evoluzione del fenomeno.
Riferimenti Bibliografici/Sitografici:
- Corso FSE Master Training, 18/19/21 marzo 2024, Ing. A La Malfa, Ing. Michele Rainieri, Ing. Carlo Corradi, Associazione Pro-Fire.
- Nozioni di base sulla FSE esodo_ Ing. Nicola Clemeno, FSE italia, 4 luglio 2023
- Codice di prevenzione incendi sezione M1, M2, M3_ Ing. Pietro Pireneo, 30 ottobre 2023
- Nozioni di FSE di Dott. Ing. Antonio La Malfa Corso FSE MASTER TRAINING Pro Fire
- https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/pubblicazioni/catalogo-generale/pubbl- metodi-per-ingegneria-sicurezza-antincendio.html
- https://www.hoepli.it/libro/fire-safety-engineering/9788859807032.html
- Capitolo 4. I MODELLI COMPUTAZIONALI_PDF (www.fse-italia.eu)
- https://antifuoco.it/fse-lapproccio-prestazionale-alla-sicurezza-antincendio/
- https://www.ingenio-web.it/articoli/per-un-etica-nella-modellazione-antincendio/
14 Maggio 2024,
A cura di Ingegnere G. Basile, M. Antonelli,
Pro Fire – Formazione Professionale Antincendio

Fare un approfondimento su la valutazione del rischio incendi, l’analisi sull’esodo in edifici tutelati è un occasione per ribadire che il Professionista Antincendio deve avere consapevolezza che su tutto il territorio il patrimonio culturale e architettonico è talmente vasto, presente e utilizzato in diversa tipologia di attività che sono soggette a Prevenzione Incendi, pertanto si rende necessaria una adeguata conoscenza di Norme, regole e procedure per garantire la sicurezza degli occupanti , visitatori , operatori e il bene stesso.
Riferimenti normativi e definizioni
- Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 (Decreto Legislativo 22 Gennaio 2004, n. 42)
Articolo 2 - Patrimonio culturale
La nozione risulta desumibile dall’art. 2, comma 2, e dagli artt. 10 e 11 del D.Lgs. 42 del 2004.
Sono “beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli artt. 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà”.
Ovvero i beni da tramandare alle generazioni future in quanto portatori di valori socialmente riconosciuti .
Apriamo una parentesi per ricordare che esistono due distinti binari per la Tutela di un bene storico.
- Beni culturali di appartenenza pubblica (art. 12 D.Lgs 42/2004 e s.m.i.) sono sottoposti a tutela ope legis fino ad avvenuta verifica dell’interesse Culturale;
- Beni di appartenenza privata (art. 13 D.Lgs 42/2004 e s.m.i. ) occorre la dichiarazione di interesse notificata alla proprietà.
E' inoltre opportuno ricordare che generalmente, i beni culturali devono essere opera di autore non più vivente o la loro esecuzione deve risalire ad oltre settanta anni.
- D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151, gli «edifici sottoposti a tutela» inseriti al punto 72 dell’allegato I al decreto.
In particolare, rientrano tra le «attività soggette» (in linea con i precedenti chiarimenti ministeriali) gli «edifici sottoposti a tutela» aperti al pubblico, destinati a contenere biblioteche ed archivi, musei, gallerie, esposizioni e mostre, indipendentemente dalla superficie lorda e dai quantitativi. Precedentemente rientravano tra le «attività soggette» di cui al punto 90 dell’allegato al D.M. 16 febbraio 1982 anche gli edifici pur non pregevoli per arte o storia, ma destinati a contenere comunque oggetti di interesse culturale in esposizione in base a quanto disposto dal D.Lgs 22 gennaio 2004, n. 42.
- Condizioni di assoggettabilità e alle destinazioni d'uso degli edifici sottoposti a tutela si vedano i chiarimenti forniti con la circolare prot. n. 4756 del 9 aprile 2013.
- In presenza di attività aperte al pubblico, l'obiettivo della tutela del bene culturale concorre con quello della sicurezza della vita umana sancito dall'art. 13 del D.Lgs. n. 139/2006.
In definitiva perchè un'attività ricada al n.72 del D.P.R. 151/11:
- deve essere aperta al pubblico;
- deve essere inserita all'interno di un edificio Tutelato ai sensi del D.Lgs.42/2004;
- deve essere costituita da biblioteche e archivi, musei, gallerie, esposizioni e mostre oppure da una o più attività elencate nell'allegato I del D.P.R.151/11, e quindi soggette agli obblighi ivi previsti.
Nell’allegato al DM 10 luglio 2020 (regola tecnica verticale sui beni tutelati) è presente la sezione V.10.2 Definizioni che riporta le seguenti definizioni:
- Bene tutelato: bene mobile o immobile soggetto alle disposizioni di tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Nota Nei beni immobili tutelati sono compresi gli eventuali arredi di interesse culturale (es. mobili, tendaggi, rivestimenti, …).
- Museo o galleria: struttura permanente che acquisisce, cataloga, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio.
- Edifici destinati a esposizioni o mostre: edifici destinati permanentemente all’esibizione di manufatti, oggetti, beni mobili ed opere d’arte, al fine di consentirne la fruizione al pubblico.
- Biblioteca: struttura permanente che raccoglie, cataloga e conserva un insieme organizzato di libri, materiali e informazioni, comunque editi o pubblicati su qualunque supporto, e ne assicura la consultazione al fine di promuovere la lettura e lo studio.
- Archivio: struttura permanente che raccoglie, inventaria e conserva documenti originali d’interesse storico e ne assicura la consultazione per finalità di studio e di ricerca.
- Deposito di beni tutelati: locale non aperto al pubblico adibito a contenere beni tutelati. Nota Dal campo di applicazione della presente RTV sono escluse le attività temporanee collocate in opere da costruzione non permanentemente dedicate alle attività di cui al paragrafo V.10.1, per le quali la presente RTV può comunque costituire un utile riferimento.
Classificazione in aree di attività
Le aree dell’attività sono classificate come segue:
TA - locali aperti al pubblico dedicati a sale espositive, sala lettura, sala di consultazione e relativi servizi;
TC - aree non aperte al pubblico, adibite ad uffici e servizi, di superficie > 200 m²
TM - depositi aventi superficie lorda > 25 m² e carico di incendio specifico qf > 600 MJ/m²
TK1 - locali ove si detengano o trattino sostanze o miscele pericolose o si effettuino lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio o dell’esplosione; locali con carico di incendio specifico qf > 1200 MJ/m²
TK2 - deposito beni tutelati
TO - locali con affollamento > 100 persone
TT - locali in cui siano presenti quantità significative di apparecchiature elettriche ed elettroniche, locali tecnici rilevanti ai fini della sicurezza antincendio
TZ - Altre aree non ricomprese nelle precedenti, anche accessibili al pubblico con particolari condizioni e limitazioni di accesso
Le aree TK1 sono classificate aree a rischio specifico secondo il capitolo V.1.
Valutazione del rischio
La valutazione del rischio da RTV.10 risulta demandata ai capitoli G.2 e G.3 del codice di prevenzione incendi. Nel dettaglio si vuole presentare lo studio effettuato dal Comando dei VVF di Siena, San Gimignano, 2018 dove si sono stati individuate le criticità ed i possibili approcci negli edifici storici:
“In passato si sono verificati grandi incendi che poi hanno spesso portato anche ad evoluzioni normative: la mostra di Todi, il Teatro Petruzzelli, La Fenice, la cappella del Guarini, il Castello di Moncalieri solo per citarne alcuni; più di recente la Sacra di San Michele.
Nella quasi totalità dei casi ricordati, così come in molti altri, è stata la presenza di un cantiere ad innescare l’evento. Durante un cantiere vengono spesso svolte lavorazioni di taglio o di saldatura, sono presenti degli impianti elettrici provvisori e in generale questo avviene in parti di edifici ancora aperti al pubblico, nelle quali anche gli impianti di allarme e di spegnimento vengono spesse volte disattivati proprio per la presenza dei lavori stessi.
Si ha inoltre la presenza di materiali, spesso combustibili come pannellature, rivestimenti ecc, concentrati in zone di deposito prima della loro istallazione, sostanze e liquidi, anche infiammabili, per il trattamento dei materiali, per non parlare delle demolizioni e dei relativi materiali di risulta e delle modifiche che derivano per le vie di Esodo; sono tutti i momenti da tenere sotto controllo anche dal punto di vista della Security.”
La metodologia utilizzata nel Codice corrisponde ad un approccio di tipo semi prescrittivo. Il processo inizia attraverso una valutazione del rischio semplificata, definendo le caratteristiche prevalenti delle persone presenti (conoscono/ non conoscono l’ambiente, sono sveglie/addormentate/malate etc..) e della dinamica dell’incendio atteso (lento, medio, veloce, ultraveloce); in base a questi dati viene definito un profilo di rischio che caratterizza l’attività che viene analizzata. Vengono poi, in funzione del profilo di rischio, definite dal Codice una serie di soluzioni conformi che, di fatto, equivalgono a vere e proprie indicazioni prescrittive; svolta la prima analisi semplificata per la valutazione del profilo di rischio il progettista trova una serie di indicazioni prescrittive; la differenza rispetto al metodo tradizionale è che in questo caso il Codice non disegna una unica soluzione, ma un insieme di queste, ricorrendo più a soluzioni che previlegino la protezione passiva (resistenza al fuoco delle strutture etc) o viceversa la protezione attiva (utilizzo di impianti, etc.). In questo modo il progettista si trova a poter disporre di una matrice di scelte semplificate (soluzioni conformi prescrittive) e le probabilità di dover ricorrere ad una più complessa analisi in deroga diminuiscono.

Parlando della complessità di progettare soluzioni antincendio in un edificio come contenitore/ contenuto di beni tutelati, il rapporto dialettico se non conflittuale tra queste due componenti, risulta particolarmente interessante, perché è proprio la valutazione del rischio incendio il parametro più significativo nella valutazione e nella gestione della compatibilità dell’edificio contenitore con il suo contenuto, ossia le attività, i beni e i sistemi presenti al suo interno. Risulta fondamentale lo studio dello stato di fatto, anche se risulta già essere di particolare complessità; soprattutto in termini di Prevenzione Incendi e di Salute e Sicurezza di tutte le attività presenti all’interno dell’edificio stesso. Il tutto con la finalità di proporre successivamente una serie di strategie di gestione e di interventi sull’edificio, che vanno dalla sicurezza degli occupanti, alla prevenzione incendi, preservando le caratteristiche morfologiche e storiche dell’edificio stesso.
L’obiettivo di questo approccio è quello di non fermarsi alla mera valutazione dei rischi e, quindi, ad una lista della spesa, ma proseguire con una serie di proposte di interventi operativi scalati per costi e per priorità di intervento, da sottoporre successivamente ai gestori dell’edificio.
Le difficoltà principali nell’affrontare un edificio monumentale e tutelato, consiste in particolare nella sua poliedricità ed intensità di utilizzo dove troviamo compresenza di spazi ad uso uffici, archivi, depositi, opere, museo, laboratorio di restauro, attività disgiunte tra di loro ma, nella maggior parte dei casi, sono tutte legate dal sistema delle scale e dei connettivi orizzontali. Risulta quindi di fondamentale importanza fare una valutazione del rischio il più possibile precisa che miri ad un approccio di fattibilità e compatibilità con l’edificio mirato anche all’ottimizzazione dei costi.
Condizioni di Rischio identificate
Nel caso della gestione della sicurezza in un ambiente in un edificio tutelato come un complesso museale, ove sono presenti tipologie diverse di ambienti e di rischi (sale espositive, giardini, ristorazione) e dove occorre definire e realizzare misure di prevenzione specifiche per i soggetti che devono essere “tutelati” e precisamente: i dipendenti, i visitatori, gli addetti ai servizi (guardia-sale, pulizie, ecc.) ed il personale delle ditte incaricate degli allestimenti delle mostre. Si individuano diverse condizioni di rischio:
- Impianti tecnologici
- Cantieri temporanei
- Servizi di supporto
- Configurazione architettonica degli edifici
- Visitatori
Impianti tecnologici
Tutti gli impianti tecnologici al servizio delle strutture (elettrici, climatizzazione, protezioni attive e passive) devono essere compatibili con l’uso cui sono destinati in funzione delle modifiche dello stato di fatto, in relazione alle misure di prevenzione previste oltre che oggetto di costanti e precisi controlli e manutenzioni ordinarie e straordinarie da parte di qualificati professionisti.
Cantieri Temporanei
La presenza di cantieri temporanei, siano essi per adeguamenti strutturali ed impiantistici che di allestimento delle mostre è fonte di rischio in quanto si dovrà prevedere:
- Valutazione dei rischi congrua affinché si possa procedere ad una identificazione e quantificazione precisa dei rischi interferenti con la conseguente elaborazione delle misure di coordinamento delle procedure di prevenzione;
- Compatibilità dei materiali ed attrezzature di cantiere nella realtà in cui si deve operare sia per il loro uso sia per la conservazione. Ad es. utilizzo di materiali con un alto indice di infiammabilità, strumentazione non dotata di requisiti di sicurezza, ecc.
- Mettere a punto le misure di protezione attiva e passive da rendere esecutive a cantiere fermo.
Servizi di supporto
Preso atto che nelle strutture museali operano una serie di persone di supporto quali ad esempio addetti al controllo delle sale, il personale di pulizia, addetti alla ristorazione, è necessario che le procedure e protocolli di sicurezza siano realizzati tenendo conto anche di tali presenze, i quali devono essere, anch’essi, informati-formati sulle corrette procedure operative di sicurezza ed emergenza. Occorre anche in questo caso procedere ad una valutazione dei rischi legati ai materiali ed attrezzature da essi utilizzate e in relazione a ciò stabilire modalità d’uso, eventuali prescrizioni operative oltre a individuare ed assegnare loro locali dedicati ed idonei, per caratteristiche di sicurezza, da adibire a depositi di materiali o di rifiuti.
Configurazione architettonica degli edifici
La valutazione del rischio incendio deve tenere conto delle misure strutturali e delle attività realizzate nel corso degli anni. Conseguentemente le misure di prevenzione devono essere costantemente adeguate anche in relazione all’uso dei locali e dei luoghi in modo diverso da quello di luogo museali. Inoltre, è opportuno procedere ad approfonditi e periodici controlli interni nelle aree e luoghi di supporto quali ad es. sottotetti, ripostigli, depositi; locali questi ultimi, scarsamente controllati, è quindi potenzialmente luoghi in cui possono essere presenti situazioni o elementi di elevata probabilità di rischio.
Visitatori
Il complesso museale deve garantire la sicurezza dei visitatori e quindi definire piani di emergenza e di Primo soccorso idonei ovvero con segnaletica efficace, numero di addetti all’emergenza sufficienti. Di fondamentale importanza è l’addestramento del personale addetto alla gestione delle situazioni di emergenza sia dal punto di vista tecnico (formazione antincendio e PS) ma anche operativo; formazione quest’ultima da fare in campo nel corso di prove di emergenza (con e senza visitatori non simulate).

Per questa strategia vengono introdotte diverse integrazioni rispetto al Codice P.I., in quanto dalle numerose deroghe presentate in questi anni relativamente a tali aspetti, è risultata evidente la necessità di introdurre semplificazioni normative e soluzioni più flessibili, che proprio lo spirito del Codice permette ed incoraggia. La RTV ad integrazione di quanto previsto dalla RTO per la misura S.4, il par. V.10.5.4 specifica che:
- In caso di esodo per fasi (par. S.4.7.2) è ammesso l’utilizzo di scala d’esodo protetta anziché a prova di fumo o esterna, con le seguenti misure antincendio minime:
- nell’attività deve essere prevista una gestione della sicurezza (Cap. S.5) con livello di prestazione III;
- ciascun piano dell’attività sia inserito in compartimento distinto;
- la procedura di esodo per fasi non sia utilizzata per vie di esodo verticali che servono piani a quota inferiore a -5 m
- Sono ammesse altezze inferiori a 2 m per le vie di esodo (par. S.4.5.3), a condizione che vengano adottati tutti i seguenti requisiti aggiuntivi:
- altezza delle vie di esodo non inferiore a 1,80 m;
- la porzione di impianto di illuminazione di sicurezza in corrispondenza delle criticità sia progettato per garantire il doppio dell’illuminamento minimo previsto dalla norma UNI EN 1838 o equivalente;
- informazione specifica a tutti gli occupanti.
- Nel caso in cui non sia possibile rispettare la costanza dell’alzata o della pedata dei gradini appartenenti alla stessa rampa di scale, devono essere adottati i seguenti requisiti aggiuntivi:
- la porzione di impianto di illuminazione di sicurezza in corrispondenza delle criticità sia progettato per garantire il doppio dell’illuminamento minimo previsto dalla norma UNI EN 1838 o equivalente;
- informazione specifica a tutti gli occupanti.
- Gli infissi, qualora di interesse storico artistico, presenti lungo le vie di esodo, che non possiedono le caratteristiche riportate nella tab. S.4-3, devono essere mantenuti costantemente aperti, durante l’esercizio dell’attività.
- È ammessa un’unica via di esodo (es. da ciascun edificio, compartimento, piano, soppalco, locale, …), a condizione che vengano adottate tutte le seguenti misure:
- numero degli occupanti dell’ambito servito dall’unica via di esodo non superiore a 100;
- sistema di gestione della sicurezza antincendio di livello di prestazione III.
- Sono ammesse larghezze delle vie di esodo (Capitolo S.4) orizzontali o verticali inferiori ai valori minimi, e comunque non inferiori a 800 mm, a condizione che vengano adottate tutte le seguenti misure:
- nelle vie di esodo verticali, nei passaggi di comunicazione delle vie di esodo orizzontali (corridoi, atri, spazi calmi, filtri …) interessate dal restringimento devono essere impiegati materiali appartenenti al gruppo GM0 o GM1 di reazione al fuoco, fatto salvo quanto previsto al comma 2 del par. V.9.5.1;
- la porzione di impianto di illuminazione di sicurezza in corrispondenza delle criticità sia progettato per garantire il doppio dell’illuminamento minimo previsto dalla norma UNI EN 1838 o equivalente;
- segnalazione specifica a tutti gli occupanti.
Esodo, dall’allarme all’uscita di sicurezza
Per definire un sistema d’esodo efficace, ovvero che permetta alle persone di allontanarsi agevolmente dal luogo in cui si sta verificando un incendio, o comunque una situazione di emergenza, è necessario capire come le persone rispondono in tali circostanze.
Dal momento in cui l’incendio si manifesta la sua sfera d’influenza progressivamente aumenta, accompagnata dall’emissione di prodotti pericolosi che minacciano ambienti sempre più vasti ed i relativi occupanti. In questi casi è il tempo la variabile che nella sua progressione scandisce le diverse modalità di risposta e i comportamenti delle persone prima che si verifichino condizioni incompatibilità con la loro presenza (incendio critico). Nel descrivere queste circostanze è necessario considerare che passerà del tempo prima che l’incendio venga rilevato (tempo di rilevazione), poi dell’altro prima che ogni occupante se ne renda effettivamente conto, riconosca e reagisca all’allarme (tempo di pre-movimento) e dell’altro ancora per raggiungere il luogo sicuro (tempo di percorrenza). In tale sequenza si realizza una continua interazione tra l’uomo, l’edificio e le condizioni ambientali, i cui esiti possono influenzare il raggiungimento del nostro obiettivo: evacuare in sicurezza.
La comunicazione dell’emergenza è un elemento di primaria importanza per attivare una corretta risposta delle persone coinvolte, obiettivo che si può conseguire con un segnale che sia percepibile e comprensibile da ognuna di loro e il cui contenuto informativo sia adeguato alla risposta da attuare. La tempestività rappresenta senza dubbio un importante parametro di valutazione, perché offre la possibilità di intercettare l’emergenza prima che si possano determinare condizioni di incompatibilità ambientale, ma va considerata in sinergia con i seguenti altri fattori:
- capacità di raggiungere tutte le persone nelle loro collocazioni;
- modalità di comunicazione multisensoriale in grado di intercettare persone con specifiche necessità (ad esempio persone sorde, cieche o ipovedenti, dislessiche, con deficit cognitivi e altre);
- contenuto informativo idoneo ad essere interpretato da tutte le persone che lo ricevono (nel caso di persone dislessiche, ad esempio, la modalità di rappresentazione dei contenuti del segnale/messaggio potrebbe non essere associata ad una corretta interpretazione; similmente, ma per motivi diversi, questa condizione potrebbe riguardare il caso di persone con disturbi dello spettro autistico).
Se l’allarme non è riconosciuto come tale, infatti, nessuno se ne preoccuperà, allo stesso modo se venisse usato un solo codice sensoriale alcune persone potrebbero non essere in grado di avvertirlo e, di conseguenza, non attiveranno l’esodo (pensiamo a una sirena che pretende di allertare un gruppo di persone sorde). Infine, potrebbe accadere che il segnale, acustico o visivo che sia, richieda una particolare elaborazione che alcune persone potrebbero non essere in grado di affrontare.
La mobilità e i percorsi dove vengono considerate le azioni direttamente connesse con l’esodo, dall’abbandono del posto in cui ci si trova fino al raggiungimento del luogo sicuro, includendo la percorrenza degli spazi interni (mobilità orizzontale e verticale) ed il transito attraverso le porte di ingresso/uscita dai singoli locali o dall’edificio (uscite di emergenza). Tutte queste componenti devono garantire anche alle persone con disabilità di potersi allontanare in sicurezza e autonomo. A tal proposito, come già evidenziato in premessa, risulta determinante l’interazione tra il loro quadro funzionale e i fattori ambientali presenti, che possono ostacolare o facilitarne l’azione. Un’attenta progettazione dei percorsi risulta fondamentale affinché siano utilizzabili in autonomia anche da persone che utilizzano ausili per la locomozione.
Un altro aspetto riguarda il superamento di dislivelli mediante rampe con pendenza tale da poter essere utilizzate autonomamente da parte di persone in sedia a ruote o altri ausili per il movimento. Su questo aspetto il Codice di prevenzione incendi considera una pendenza del 5% il valore massimo affrontabile autonomamente, tra il 5 e l’8% con l’aiuto di un accompagnatore mentre non ammette pendenze superiori. Inoltre, stabilisce che tali rampe siano interrotte da pianerottoli almeno ogni 10 m di lunghezza e in presenza di accessi o uscite. A tal proposito non va dimenticato che durante l’esodo tali pendenze sono utilizzate prevalentemente in discesa e, pertanto, se eccessive potrebbero diventare pericolose.

In merito alla lunghezza dei percorsi è la velocità con cui si muovono le persone il fattore che li vincola e che varia in funzione delle loro capacità motorie e degli ausili impiegati.
Gli spazi calmi. Nei casi in cui non è possibile evacuare utilizzando scale o altri dispositivi di raccordo tra i diversi livelli di un edificio la predisposizione di “spazi calmi”, oppure la realizzazione di compartimenti antincendio per rendere possibile la modalità di “esodo orizzontale progressivo”, sono le modalità più idonee per risolvere i problemi. Lo spazio calmo, in particolare, è un presidio da tempo presente nella normativa di prevenzione incendi e come elemento del progetto va pensato e progettato secondo le finalità implicitamente contenute nella sua stessa definizione: “Luogo sicuro temporaneo dove gli occupanti possono attendere assistenza per completare l’esodo verso luogo sicuro” (D.M. 3/8/2015, punto G.1.9.4). Per il suo dimensionamento il decreto stabilisce una superficie di 2,25 m2/persona considerando l’ingombro di una sedia a ruote, ma tale valore dovrà essere coordinato considerando gli spazi di manovra per tale ausilio. Inoltre, dà indicazioni affinché al suo interno siano presenti:
- un sistema di comunicazione bidirezionale per permettere agli occupanti di segnalare la loro presenza e richiedere assistenza;
- eventuali attrezzature da impiegare per l’assistenza (es. sedia o barella di evacuazione,...);
- indicazioni sui comportamenti da tenere in attesa dell’arrivo dell’assistenza.
L’accessibilità dei dispositivi di sicurezza. Considerando il tema dell’autonomia non sfuggono alcune condizioni connesse con l’accessibilità dei dispositivi di sicurezza, come ad esempio quelli per l’apertura delle porte (i cosiddetti maniglioni antipanico), i pulsanti di allarme e simili, la corretta collocazione degli estintori affinché possano essere utilizzati da tutte le persone presenti.
Piano di limitazione dei danni
La V10 e la V12 introducono una significativa innovazione, che per la prima volta prende in considerazione l’importanza delle collezioni contenute nei musei, esposizioni, gallerie, biblioteche, (anche se deriva sostanzialmente dalla Linea Guida della Valutazione dei Progetti di edifici sottoposti a Tutela pubblicata con Lettera circolare M.I. 3181 del 15/03/2016 “Valutazione in deroga dei progetti di edifici sottoposti a tutela [ … ] ad esclusione di Musei, Gallerie,esposizioni, Biblioteche ed Archivi” concordata con il MIBACT, che pur essendo uno strumento completo con soluzioni alternative di carattere gestionale, presentava complessità che ne hanno condizionato l'uso da parte dei progettisti, inoltre la V12 consente l'utilizzo di soluzioni alternative senza riccorrere all'istituto della Deroga)
Al punto V.10.5.5.1 vengono esplicitati in modo piuttosto chiaro almeno i punti principali del Piano di Limitazione dei danni, che deve essere predisposto dal titolare dell'attività( che si farà coadiuvare da un esperto del settore) e deve contenere le misure e le procedure per la salvaguardia dell'edificio e dei beni in esso contenuti e deve indicare:
- i soggetti, adeguatamente formati, incaricati dell’attuazione delle procedure in esso contenute;
- la distribuzione qualitativa e quantitativa dei beni tutelati presenti;
- le procedure di allontanamento dei beni dettagliando, ove possibile, anche le priorità di evacuazione specifici provvedimenti per la rimozione e il trasporto presso i luoghi di ricovero;
- gli eventuali luoghi di ricovero dei beni rimossi in caso di emergenza, con particolare riferimento alle condizioni di sicurezza e di conservazione degli stessi;
- le procedure per la protezione in loco dei beni inamovibili o difficilmente spostabili;
Nota: Ad esempio: copertura con materiali di protezione, puntellamenti, riadesioni di parti staccate, barriere contro schegge …
- le eventuali restrizioni nell’utilizzo di sostanze estinguenti. Nota: Ad esempio: zone in cui è necessario evitare o limitare l’uso di acqua per minimizzare i danni ai beni tutelati in esso contenuti …
Un’importante estensione del piano di limitazione dei danni potrebbe essere quello di collegare le procedure con l’intervento dei soccorsi, ed in particolare dei VV.F.
Riferimenti Bibliografici/ Sito-grafici:
-
- La salvaguardia del patrimonio culturale e la sicurezza antincendio. Criticità e opportunità. Atti del convegno San Gimignano, 13 aprile 2018, curatore Luca Nassi.
- Prevenzione incendi: cosa prevede la nuova RTV 10 specifica per gli edifici tutelati, Antincendio| Sicurezza | NAMIRIAL SPA, Pietro Monaco, 30 settembre 2020.
- Progettazione della misura esodo, INAIL, Raffaele Sabatino, Mara Lombardi, Davide Berardi, Andrea Michetti, Nicolò Sciarretta, Piergiacomo Cancelliere, Emanuele Gissi, Antonio Maggi, Andrea Marino, Marco Di Felice, Alfredo Amico, Martina Bellomia, Vincenzo Cascioli, Filippo Cosi, 2020.
- RTV. 10, D.M. 10 Luglio 2020 RTV 10 Edifici storici
- Codice di prevenzione incendi, DM 3 agosto 2015.
- Il Codice dei Beni Culturali, il D.Lgs.42/2004.
Febbraio 2024,
A cura di M. Antonelli, G. Basile
Pro Fire – Formazione Professionale Antincendio
Sono trascorsi più di dieci anni dalla pubblicazione del rivoluzionario e innovativo DPR 151/2011 per la semplificazione dei procedimenti amministrativi, l’introduzione delle categorie e l’accorpamento dell’elenco delle attività soggette, nel tempo i professionisti ed anche la committenza, hanno imparato ad apprezzare le novità introdotte in merito ai rischi e alla complessità dell’attività; e poteva essere una valido strumento per permettere di tempi decisamente più certi e rapidi per l’operatività delle aziende.
Il DPR 151/2011 ha aggiunto un ulteriore tassello verso quel passaggio verso l’autonomia totale del tecnico, ma la condizione per questa autonomia passa attraverso, capacità, conoscenza, esperienza e formazione continua, e il legislatore ha introdotto la condizione obbligatoria il DM 5/8/2011 strumento necessario per garantire uno standard di conoscenza elevato per la sicurezza antincendio, senza tralasciare la responsabilità al Professionista Antincendio, insieme ai tanti continui aggiornamenti; un strumento per la transizione dal metodo puramente prescrittivo ad una a condizione verso il prescrittivo, anche se le soluzioni conformi rappresentano percentuali che supera l’80% quindi altissime.
Ma oramai era nell’aria da tempo la volontà di rivedere il 151 sempre verso una ulteriore transizione verso l’autonomia del Professionista Antincendio e in questo FOCUS vogliamo dare le prime fondamentali informazioni su cosa il legislatore si appresta a pubblicare.
Disegno di Legge
Approda alla Camera il Ddl delega, edito dal Cdm, che prevede un nuovo decreto legislativo in materia di prevenzione incendi e di sicurezza antincendio dei prodotti senza marcatura CE.
Dopo l’assegnazione alle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Affari Sociali, si resta in attesa dell’inizio dei lavori sul testo del Ddl delega sulla semplificazione dei procedimenti amministrativi, secondo il principio della proporzionalità, e misure in materia farmaceutica e sanitaria e di autorizzazioni di polizia (A.C. 1640), che contiene anche l'indicazione per l'adozione di un decreto legislativo in materia di prevenzione degli incendi e di sicurezza antincendio dei prodotti senza marcatura CE.
L’obiettivo risulta quello di eliminare alcuni procedimenti ritenuti non più, il tutto entro il 31 agosto 2024. Il professionista antincendio non sarà più accompagnato dalla presenza costante dei Vigili che avranno da quest’anno il ruolo esclusivo di controllare e vigilare.
La semplificazione delle procedure antincendio
La semplificazione delle procedure antincendio e dei procedimenti autorizzativi per l’immissione sul mercato di prodotti ha come obiettivo di promuovere l’autocertificazione e l’asseverazione delle caratteristiche tecniche di sicurezza a fronte di controlli da parte del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Come previsto dall’art. 5 del testo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1 relativa alla semplificazione, alla razionalizzazione e alla digitalizzazione dei procedimenti amministrativi in materia di prevenzione degli incendi e di sicurezza dei prodotti rilevanti per gli aspetti connessi alla sicurezza in caso di incendio, esclusi dall’ambito di applicazione della marcatura CE, il Governo osserva i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
- revisione delle attività soggette ai procedimenti concernenti la prevenzione degli incendi e dei relativi limiti di assoggettamento, considerata l’evoluzione della normativa antincendio e della tecnologia;
- semplificazione dei procedimenti concernenti la prevenzione degli incendi, con particolare riferimento alle attività con minore complessità ai fini antincendio, preservando il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa in relazione alla dimensione dell’impresa e al livello di rischio dell’attività;
- semplificazione dei procedimenti autorizzativi rilevanti per gli aspetti connessi alla sicurezza in caso di incendio, ai fini dell’immissione sul mercato dei prodotti esclusi dall’ambito di applicazione della marcatura CE, favorendo l’autocertificazione e l’asseverazione delle caratteristiche tecniche di sicurezza, anche aggiornando la tabella A allegata al d.Lgs. n. 222/2016, a fronte di controlli da parte del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
- semplificazione delle modalità di recupero dei costi sostenuti per l’attività di vigilanza sui prodotti rilevanti per gli aspetti connessi alla sicurezza in caso di incendio, esclusi dall’ambito di applicazione della marcatura CE, al fine della conseguente integrazione dei pertinenti capitoli di bilancio dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’interno – Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, destinati a legislazione vigente all’attuazione delle predette attività di vigilanza e all’incentivazione del personale addetto, utilizzando eventualmente a tale fine anche le somme derivanti dalle sanzioni conseguenti alle attività di controllo;
- semplificazione delle procedure sanzionatorierelative alle contravvenzioni in materia di prevenzione degli incendi accertate in luoghi diversi da quelli di lavoro, come definiti ai sensi dell’articolo 62 del d.Lgs. n. 81/2008 anche prevedendo l’applicazione, ai fini dell’estinzione delle contravvenzioni stesse, delle disposizioni del capo II del d.Lgs. n. 758/1994.
Semplificazione dei controlli
La semplificazione punta anche all’eliminazione delle attività in categoria C che prevedono l’uscita obbligatoria (e non a campione come per le attività A e B) da parte dei Vigili del Fuoco.
L’altro fronte modificabile dalla semplificazione è quello delle declaratorie con i relativi limiti di assoggettabilità che andrebbero visti al rialzo con la conseguente uscita delle attività a minor rischio. Si seguirà il principio della proporzionalità dell’azione amministrativa, come già avviene per effetto del Dpr 151 del 2011, i procedimenti dovranno essere calibrati in funzione della gravità del rischio e delle dimensioni e della complessità delle attività “soggette”.
Si otterranno due sole categorie di rischio per le attività soggette agli adempimenti, eliminando l’obbligatorietà del controllo ai fini dell’attestazione della conformità antincendio, lasciando al Corpo nazionale di vigili del fuoco esclusivamente, il controllo a posteriori a fronte delle possibili modifiche da effettuare ed asseverate dal tecnico abilitato incaricato dal titolare dell’attività, che consentono l’immediato esercizio dell’attività alla presentazione della SCIA presso i Comandi. Rimarrà il procedimento di valutazione del progetto, di cui all’articolo 3 del d.P.R. 151/2011, per le attività a maggior rischio di incendio.
Prodotti non soggetti a marcatura CE: controlli a campione
Il Ddl propone anche la semplificazione dei procedimenti per l’immissione sul mercato dei prodotti rilevanti ai fini antincendio, ma non soggetti alla marcatura CE, eliminando la necessità della previa autorizzazione ai fini della loro commercializzazione, che verrà sostituita con una certificazione dei requisiti di sicurezza antincendio prodotta da parte del fabbricante. Si potranno immettere direttamente i prodotti sul mercato, a fronte di controlli a campione eseguiti a posteriori dal Corpo nazionale su esemplari acquistati dal libero mercato. Si tratterà di favorire l’autocertificazione e l’asseverazione delle caratteristiche tecniche di sicurezza. Più nel dettaglio, l’obiettivo è eliminare le omologazioni dei prodotti rilevanti ai fini antincendio ed i loro rinnovi, sostituendolo con certificazioni dei requisiti da parte degli stessi fabbricanti, consentendo una forte accelerazione nell’iter di commercializzazione.
Sitografia/Bibliografia
- CAMERA DEI DEPUTATI - DISEGNO DI LEGGE N.1640 presentato il 9 gennaio 2024
- https://www.lavoripubblici.it/news/riforma-antincendio-in-arrivo-numerose-semplificazioni-32732
- https://mauromalizia.it/semplificazione-procedimenti-di-prevenzione-incendi/
- https://www.ekotec.it/2023/06/01/revisione-attivita-soggette-a-scia-antincendio/
17 Aprile 2024,
A cura di Ingegnere G. Basile, M. Antonelli,
Pro Fire – Formazione Professionale Antincendio

Con l’entrata in vigore del Codice unitamente alle revisioni e integrazioni, abbiamo apprezzato le potenzialità di questo strumento innovativo per la modalità di riduzione dei pericoli in materia di prevenzione Incendi.
Tantissime le attività che hanno ottenuto vantaggi evidenti da subito, ma la RTO per le strutture sanitare rappresenta un momento di svolta sostanziale in relazione alla valutazione del rischio; avere la possibilità di diversificare R.Vita per singolo compartimento ha rappresentato e rappresenta per il progettista il modo più adeguato e idoneo per una valutazione del rischio.
Il principio di proporzionalità, per ogni categoria prevede procedure differenziate, più semplici delle precedenti, in particolare per le attività di cat.A/B.
Le regole tecniche verticali RTV sono disposizioni applicabili ad una specifica tipologia di attività, servono a caratterizzarla meglio fornendo specifiche indicazioni rispetto a quanto gia indicato nel Codice, ricordando l’obbligo dell’applicazione dell’intera RTO prima della RTV parte integrante del Codice.
DM 29 marzo 2021 – RTV 11 Strutture sanitarie Rev. 1 ha come obbiettivi
- Implementare le misure di sicurezza antincendi per la continuità dei servizi sanitari;
- Individuare le misure necessarie all’insediamento delle strutture sanitarie ambulatoriali (8 SC) nei centri commerciali;
- Individuare le misure di sicurezza autonome rispetto alla RTV V8;
- Prevedere misure distinte per le strutture:
- SA Ricovero Ospedaliero
- SB regime residenziale
- SC ambulatoriali
- Determinare le misure di sicurezza per le Case di Riposo per le prestazioni erogate in regime abitualmente in SB o meno frequentemente in SA.
Riferimenti normativi e definizioni
- DM 18 settembre 2002 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private.
- Modifiche introdotte dal D.M. 19 marzo 2015 «Aggiornamento della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private di cui al decreto 18/9/2002», dal M. 15 settembre 2005«Regola tecnica di prevenzione incendi per i vani degli impianti di sollevamento ubicati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi» e da vari chiarimenti e commenti.
- DM 29/03/2021 integrazione della sezione V del Codice di Prevenzione Incendi (DM 03/08/2015) con la nuova Regola Tecnica Capitolo V.11 “Strutture Sanitarie” entrata in vigore il 9 maggio u.s.
- L’art. 3, comma 2 del D.M. 29 marzo 2021 ha stabilito che rientrano nel campo di applicazione del codice le attività indicate al n. 68 dell’allegato I del D.P.R. 1° agosto 2011, n.151
- DM 3 agosto 2015, Codice di prevenzione incendi.
Campo di applicazione
- Dm 18 settembre 2002:
art 1. Il presente decreto ha per scopo l’emanazione di disposizioni di prevenzione incendi riguardanti la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie di seguito elencate e classificate sulla base di quanto riportato all’art. 4 del decreto dei Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 (supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20 febbraio 1997) in relazione alla tipologia delle prestazioni erogate: a) strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo e/o diurno;
- b) strutture che erogano prestazioni in regime residenziale a ciclo continuativo e/o diurno;
- c) strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio.
- V. 11 del DM 03/08/2015:
- Strutture sanitarie che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero o residenziale a ciclo continuativo o diurno;
- Residenze sanitarie assistenziali (RSA) con oltre 25 posti letto;
- Strutture sanitarie che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio, di superficie complessiva (intesa come superficie lorda della struttura comprensiva di servizi e depositi funzionali alla struttura stessa) superiore a 500 m2;
- Le strutture con meno di 25 posti letto, invece, devono fare riferimento alle disposizioni della regola tecnica orizzontale D.M. del 3 agosto 2015.
Termini di adeguamento e proroghe
La legge di conversione 24 febbraio 2023 (disposizioni urgenti in materia legislativa) con il DL 29 dicembre 2022, n. 198, hanno prorogato di tre anni gli adeguamenti previsti precedentemente per le strutture sanitarie (DM 19 marzo 2015) per le strutture con un ciclo continuativo, che hanno aderito al piano antincendio di adeguamento del 2015 e che per cause legate al COVID, non hanno potuto concludere i lavori. Il D.M. 20 febbraio 2020 , «Proroga delle scadenze in materia di prevenzione incendi per le strutture sanitarie, previste dal decreto del Ministro dell’interno del 19 marzo 2015» ha spostato di un anno i termini di adeguamento per le strutture sanitarie (comprese le strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale) previsti dal D.M. 19 marzo 2015.
La problematica del mancato adeguamento è stata affrontata dalla legge 8 novembre 2012, n° 189 (cd. «legge Balduzzi») di conversione del DL 13/9/2012, n° 158, la quale all’articolo 6 comma 2 ha previsto:
- La definizione di requisiti di sicurezza antincendio con scadenze differenziate, prevedendo semplificazioni e soluzioni di minor costo a parità di sicurezza.
- Una specifica disciplina per le strutture esistenti al 27 dicembre 2002 che non hanno completato l’adeguamento e per le altre strutture sanitarie individuate nell’allegato I al DPR n° 151/2011.
E’ stato emanato il D.M. 19 marzo 2015, che ha modificato e aggiornato le disposizioni di prevenzione incendi per le strutture sanitarie sulla base dei criteri e principi contenuti nell’articolo 6, comma 2 del decreto sopracitato. Nella cronologia degli interventi di adeguamento sono privilegiati minori interventi di protezione passiva compensati da maggiori misure gestionali e di protezione attiva.
Modalità di adeguamento
L’adeguamento delle strutture ospedaliere e delle strutture ambulatoriali deve avvenire secondo scadenze temporali stabilite. Per ogni scadenza di adeguamento deve essere presentata la SCIA parziale, inerente al rispetto delle prescrizioni di sicurezza previste per la relativa scadenza. Durante il periodo di adeguamento la compensazione del rischio residuo è garantita dal rispetto di una serie di adempimenti di carattere gestionale.

Definizione degli strumenti
In generale, le terminologie in tema antincendio sono specificate nel D.M. 3 agosto 2015, Testo Unico di prevenzione incendi (RTO). La RTV strutture sanitarie include, tuttavia, un paio di definizioni specifiche, per identificare correttamente due tipologie di apparecchiature. Si tratta di:
- apparecchiatura ad alta energia di tipo ionizzante, ovvero quella in grado di accelerare particelle ad energia superiore a 10 MeV e caratterizzata da possibile presenza di radioattività nei pressi della macchina, anche dopo lo spegnimento (es. ciclotroni per la produzione di radiofarmaci, betatroni, ecc.);
- apparecchiatura ad elevata tecnologia, ovvero quella in grado di accelerare particelle ad energia non superiore a 10 MeV (che esclude a priori la presenza di radioattività nei pressi dell’apparecchiatura stessa) e macchine magnetiche che non producono radiazioni ionizzanti (es. risonanza magnetica, tomografia computerizzata, ecc.).
Classificazione in aree di attività
Per una valutazione del rischio incendio adeguata, il decreto definisce la classificazione delle strutture sanitarie e le molteplici aree di attività. La nuova RTV sulle strutture sanitarie classifica queste ultime in base a tre parametri, ovvero tipologia delle prestazioni erogate, quota di tutti i piani e numero di posti letto. Un’ulteriore classificazione viene indicata, poi, per le aree di attività, nel dettaglio.
Classificazione delle strutture sanitarie in SA, SB e SC, a seconda della tipologia di prestazioni erogate, ovvero:
- SA: attività che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo o diurno;
- SB: attività che erogano prestazioni in regime residenziale, a ciclo continuativo o diurno;
- SC: attività che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio.
Quota di tutti i piani
Classificazione delle strutture sanitarie in relazione alla quota di tutti i piani, che viene considerata secondo un termine h ricompreso tra diversi valori:
- HA: -1 m < h ≤ 12 m;
- HB: -5 m < h ≤ 24 m;
- HC: -10 m < h ≤ 32 m;
- HD: -15 m < h ≤ 54 m;
- HE: non ricomprese nelle precedenti.
Numero di posti letto
Classificazione delle strutture sanitarie in base al numero di posti letto, secondo 5 suddivisioni:
- PA: oltre 25 posti letto, fino a un massimo di 50;
- PB: oltre 50 posti letto, fino a un massimo di 100;
- PC: oltre 100 posti letto, fino a un massimo di 500;
- PD: oltre 500 posti letto, fino a un massimo di 1000;
- PE: oltre 1000 posti letto.
Classificazione per aree di attività
Le aree delle strutture sanitarie sono classificate in 7 tipologie principali (sebbene siano poi previste a loro volta delle ulteriori suddivisioni specifiche per la maggior parte di esse). Si tratta di:
- TA: aree destinate a ricovero in regime ospedaliero o residenziale e aree adibite a unità speciali;
- TB: aree destinate a prestazioni medico-sanitarie di tipo ambulatoriale, ove non è previsto il ricovero;
- TK: aree a rischio specifico (non presidiate, presidiate o destinate a deposito e ricarica di gas medicinali e gas tecnici di laboratorio);
- TM: depositi inseriti nella stessa opera da costruzione dell’attività sanitaria;
- TT1: locali in cui sono presenti quantità significative di apparecchiature elettriche ed elettroniche o locali tecnici rilevanti ai fini della sicurezza antincendio (es. CED, sala server, cabine elettriche);
- TT2: aree destinate alla ricarica di accumulatori elettrici di trazione o stazionari;
- TZ: altre aree.
Valutazione del rischio e strategia antincendio
La valutazione del rischio incendio e la progettazione della sicurezza antincendio devono essere attuate seguendo la metodologia presente al capitolo G.2 della regola tecnica orizzontale. D’altra parte, la RTV riporta comunque una tabella con alcune indicazioni, non esaustive, del profilo di rischio Rvita per alcune aree delle attività sanitarie. Il progettista può scegliere, comunque, dei valori diversi da quelli proposti, a patto di indicare le motivazioni della sua scelta.
Anche per quanto riguarda la strategia antincendio devono essere applicate tutte le misure antincendio della regola tecnica orizzontale. Tuttavia, la RTV strutture sanitarie presenta anche una serie di paragrafi con indicazioni complementari o sostitutive rispetto a quanto previsto nella RTO. Tali dettagli vengono specificati nell’allegato I e riguardano i seguenti punti:
- resistenza al fuoco;
- compartimentazione;
- esodo;
- gestione della sicurezza antincendio;
- controllo dell'incendio;
- rivelazione e allarme;
- controllo di fumi e calore;
- operatività antincendio;
- sicurezza impianti tecnologici e di servizio;
- altre indicazioni (ad esempio per quanto riguarda bombole di gas medicali o tecnici, sostanze infiammabili per esigenze igienico sanitarie, ecc.).

Esempi ed Analisi
Dal dato generale passiamo ora ad un’analisi effettuata tra il 2007 - 2009, sempre dal Corpo dei Vigili del Fuoco, sulle principali cause di incendio negli ospedali: A quanto riscontrato in generale, si evidenziano altre cause di incendio, quali presenza di liquidi infiammabili, Ossigeno, gas anestetici, ma anche una casistica non trascurabile di incendi nelle cucine e di incendi dolosi. Alcuni esempi con conseguenze disastrose sono riportati qui di seguito:
- Istituto ortopedico Galeazzi Milano - 31 ottobre 1997 Camera iperbarica: presenti 10 pazienti ed 1 infermiere Vittime: 11 persone (tutti i presenti all’interno della camera iperbarica) Origine: un paziente che ha introdotto uno scaldino per le mani;
Carenze riscontrate: l’impianto di spegnimento automatico posto all’interno della camera iperbarica privo di alimentazione idrica, assenza del tecnico preposto alla consolle di controllo, anomalie nella concentrazione ossigeno e pressione interna dovute a malfunzionamento impianto di regolazione, inadeguata formazione dei pazienti, superficiale ispezione sui pazienti prima dell’ingresso nella camera iperbarica.
- Residenza sanitaria psichiatrica di San Gregorio Magno (Sa) - 16 dicembre 2001 Presidio di 32 posti letto (presenti 28 pazienti e 3 infermieri) Vittime: 19 Origine: nel locale infermiere a mezzanotte circa per probabile sovraccarico elettrico.
Carenze riscontrate: presenza di materiale altamente combustibile (vetroresina, linoleum, arredi), Fonte: Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Torino idranti dislocati lungo il perimetro della struttura privi di alimentazione idrica, mancato utilizzo di telefono fisso per segnalazione e assenza di segnale per cellulari, Vigili del Fuoco a 40 km, nessun allarme efficace (le vittime forse sotto sedativi furono trovate nei propri letti o nelle vicinanze), mancanza di certificato di prevenzione incendi.
- Ospedale di Calcutta (India) - 16 dicembre 2011 Presidio: 160 persone presenti tra personale e pazienti Vittime: 93 Origine: deposito di materiale combustibile nei sotterranei
Carenze riscontrate: scoppiato per cause ancora da accertare alle 3 del mattino ora locale, è partito dai sotterranei dell’ospedale e si è propagato rapidamente verso i piani superiori dell’edificio; privo di impianto di rivelazione, accumulo di materiale combustibile.
Condizioni al contorno
La sicurezza antincendio delle strutture ospedaliere è condizionata da particolari fattori caratteristici di questa tipologia di attività, quali:
- Configurazione architettonica degli edifici:
- Edifici nuovi ed edifici storici;
- Area degenze diversificate in base al servizio erogato, costituiti essenzialmente da: corridoi, camere di degenza convenzionate o a pagamento, soggiorni, sale di medicazione, studi medici, aree diagnosi e terapia, depositi temporanei di reparto, servizi igienici, cucina;
- Area degenze day hospital o day surgery;
- Aree attività specialistiche: sala operatoria, pronto soccorso, unità diagnostiche (TAC, PET, radiologia, risonanza magnetica nucleare, ecc.);
- Aree ambulatori: sale di attesa, servizio cassa, corridoi, sale diagnosi, terapia o prelievi, studi medici;
- Aree servizi sanitari: impianti termici (riscaldamento e raffreddamento), impianti distribuzione gas medicali, lavanderia, guardaroba, sterilizzazione, farmacia, obitorio, preparazione chemioterapici-antiblastici, laboratori di analisi, smaltimento rifiuti, palestre, piscina,
- Aree servizi non sanitari: bar, negozi, cucine, aree ristorante e/o mensa, chiesa, ostelli o servizi di ricovero parenti, aule di docenza, biblioteche, archivi, centro informatico, guardiania, centralino, uffici amministrativi, saloni, centri congressi.
- La presenza di fattori di rischio tecnologico:
- Impianti alimentati a gas combustibili;
- Impianti distribuzione gas medicali;
- Camera iperbarica;
- Attrezzature ad alta energia (TAC, PET, RMN);
- Sorgenti di radiazioni ionizzanti di tipo sigillato o di tipo liquido;
- Diverse tipologie di persone presenti:
- Personale dipendente;
- Personale di ditte esterne;
- Religiosi o volontari;
- Docenti e studenti o specializzandi;
- Visitatori e parenti;
- Informatori scientifici;
- Ciclo lavorativo continuo.
- Condizioni psico fisiche dei degenti:
- Pazienti collaboranti;
- Pazienti poco collaboranti (allettati o con deficit a deambulare);
- Pazienti in alcun modo collaboranti (ad esempio terapia intensiva);
- Pazienti con disabilità psichiche;
- Pazienti da gestire (bambini).
Visti gli innumerevoli fattori da gestire in condizioni normali ed a maggior ragione in caso di emergenza, il Datore di Lavoro di una struttura ospedaliera dovrebbe in primo luogo prevenire l’insorgenza di qualsiasi tipo di emergenza, poi installare e mantenere efficienti efficaci misure di protezione ed infine pianificare ed attuare misure di gestione delle emergenze.
Risulta quindi evidente che in una struttura ospedaliere, ove i piani di evacuazione e messa in sicurezza della struttura sono difficili, la prevenzione è il principale e fondamentale strumento per salvaguardare la sicurezza delle persone, delle strutture, delle apparecchiature e per poter garantire un servizio medico diagnostico alla popolazione.

Il contributo della corretta GSA
La prevenzione può considerarsi in generale come un complesso dinamico di misure organizzative, gestionali, conoscitive e di vigilanza, teso a limitare la probabilità che l’evento si verifichi. A tale obbiettivo è indispensabile, oltre ad una corretta progettazione delle strutture, all’acquisto di macchine e materiali adeguati, la partecipazione consapevole dei lavoratori, ed in particolare:
- la conoscenza delle attività lavorative costituenti l’azienda e dei processi relativi;
- la conoscenza delle caratteristiche del macchinario eventualmente impiegato;
- la conoscenza del grado di rischio d’incendio (basso, medio, elevato) e della classe di incendio possibile (A,B,C,D);
- la conoscenza dell’edificio sede dell’azienda e delle misure di protezione attiva e passiva adottate;
- la conoscenza, l’individualità e la raggiungibilità dei componenti la squadra di emergenza;
- la conoscenza dei comportamenti corretti nei procedimenti di lavoro;
- la conoscenza dei comportamenti corretti in caso di emergenza;
- l’esercitazione periodica atta a fronteggiare, in circostanze simulate, situazioni di emergenza e di evacuazione dell’edificio.
L’art. 1 del suddetto decreto (Regola Tecnica) si applica alle strutture sanitarie pubbliche e private che, ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. 14/01/97, sono così classificate in relazione alla tipologia di prestazioni erogate:
- strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo e/o diurno (comprese le attività di day hospital e day surgery);
- strutture che erogano prestazioni in regime residenziale a ciclo continuativo e/o diurno, quali:
- presidi di riabilitazione funzionale dei soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche e sensoriali;
- presidi di tutela della salute mentale: centro diurno psichiatrico e day hospital psichiatrico;
- III. presidi di tutela della salute mentale: struttura residenziale psichiatrica, strutture di riabilitazione e strutture educativo assistenziali per i tossicodipendenti;
- residenze sanitarie assistenziali (R.S.A.);
- strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio, quali:
- assistenza specialistica ambulatoriale;
- servizi di medicina di laboratorio;
- III. attività di diagnostica per immagini;
- presidi ambulatoriali di recupero e rieducazione funzionale;
- centri ambulatoriali di riabilitazione;
- centro di salute mentale;
- VII. consultorio familiare;
- VIII. presidi ambulatoriali per il trattamento dei tossicodipendenti.
RIFERIMENTI NORMATIVI IN PARALLELO
- D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151: “Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell’articolo 49, comma 4-quater , del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122”.
- D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106: “Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.
- III. D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i.: “Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro - Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123”.
- D.M. 18 settembre 2002: “Regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio di strutture sanitarie pubbliche e private.
- Circolare Min. Interno 1 marzo 2002, n. 4: “Linee guida per la valutazione della sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili”.
- D.M. 16 gennaio 2001: “Periodicità verifiche e revisioni di bombole, tubi, fusti a pressione, incastellature di bombole e recipienti a pressione”.
- D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 93: “Attuazione della direttiva 97/23/CE in materia di attrezzature a pressione”.
- D.M.I. 4 maggio 1998: “Disposizioni relative alle modalità di presentazione ed al contenuto delle domande per l’avvio dei procedimenti di prevenzione incendi, nonché all’uniformità dei connessi servizi resi dai comandi provinciali dei vigili del fuoco”.
- D.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37: “Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell’art. 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59.”
- D.M. 10 marzo 1998: “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro”.
- D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626: “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro”.
- D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 493: “Attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro”.
- Lettera/circolare Min. Interno 22 ottobre 2001, NS 7014/4101: “Resistenza al fuoco delle porte taglia fuoco” - D.M. 14 dicembre 1993, art. 6. 21 ANTINCENDIO D.M. 16 febbraio 1982: “Modificazioni al decreto ministeriale 27 settembre 1965, concernente la determinazione delle attività soggette alle visite di prevenzione incendi”.
- NORME UNI EN 15004 - 1: “Installazioni fisse antincendio - Sistemi a estinguenti gassosi - Parte 1: Progettazione, installazione e manutenzione”
- UNI CEN/TS 14816: “Installazioni fisse antincendio - sistemi spray ad acqua - progettazione, installazione e manutenzione”
- UNI 12845: “Installazioni fisse antincendio - sistemi automatici a sprinkler - progettazione, installazione e manutenzione”
- UNI 11224: “Controllo iniziale e manutenzione dei sistemi di rivelazione incendi”
- UNI 10779: “Impianti di estinzione incendi - Reti di idranti - Progettazione, installazione ed esercizio”
- UNI 10365: “Apparecchiature antincendio - dispositivi di azionamento di sicurezza per serrande tagliafuoco - prescrizioni”
- UNI 9994: “Apparecchiature per estinzione incendi; estintori d’incendio; manutenzione” UNI 9795: “Sistemi Fissi Automatici di Rivelazione e di Segnalazione Allarme d’Incendio Progettazione, Installazione ed Esercizio”
- UNI 9494: “Evacuatori di fumo e calore - caratteristiche, dimensionamento e prove”
- UNI EN 1866-1:2007: “Estintori d’incendio carrellati - Parte 1: caratteristiche, prestazioni e metodi di prova”
- UNI EN 671-3: “Sistemi fissi di estinzione incendi - sistemi equipaggiati con tubazioni - Parte 3 manutenzione dei naspi antincendio con tubazioni semirigide e idranti a muro con tubazioni flessibili”
- UNI EN 54: “Sistemi di rivelazione e di segnalazione d’incendio”
- UNI EN 3: “Estintori d’incendio portatili - Parte 7: Caratteristiche, requisiti di prestazione e metodi di prova”
Riferimenti Bibliografici/ Sito-grafici:
- Testo coordinato del DM 18 settembre 2002 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private.
- P. Mirabelli, S. Marsella: “Progettare ospedali di qualità ecco il modello che arriva da Londra” - Antincendio, ed. aprile 2001.
- L. Biscardi, V. Bonometti: “La sicurezza antincendio e la gestione dell’emergenza nelle strutture sanitarie” - Ed. EPC 2003.
- A. Mazza: “La corretta installazione di porte resistenti al fuoco” - Rivista vigili del Fuoco - maggio 2004 - pag. 49-.51 Corpo Nazionale Vigili Del Fuoco - ANNUARIO STATISTICO - Anno 2007.
- L. Capobianco: “Il rischio incendio nelle strutture sanitarie” - www2.aress.piemonte.it/.../80-dalla-sicurezza-delle-cure-alle-cure-in-sicurezza.html (04/01/2012).
Pagina 3 di 3